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della ragion di stato - i 47


lamente accordarsi con le leggi. Però chi si intirannisce d’uno stato, per fuggir quanto può questo nome di tiranno e mostrarsi buon prencipe, non pure mostra di sprezzar le leggi, ma le fa per apunto osservare, e le migliora se fa di mestieri. E per questo rispetto Hierone fu cosí caro a’ siracusani, e Augusto a’ romani, che ebbero a dire nella sua morte: Utinam aut non nascerctur, aut non moreretur; — e chi meglio nel suo governo in ciò si sa governare, meglio si stabilisce nel suo principato, e piú facilmente si assicura della volontá de’ sudditi. Ma perché finalmente il tiranno ha piú a cuore l’interesse proprio, che ’l commodo de’ sudditi, serva le leggi fin ad un certo termine, che a lui non tornino in pregiudizio: ma venendo il caso che l’osservanza delle leggi possa recargli danno, allora gettando per terra le leggi, tutto si lascia regger dalla ragione di stato. Ma, perché i casi che cadono sotto le leggi sono infiniti, e i capi della ragion di stato non son molti, il tiranno fa il fatto suo, e nondimeno alla moltitudine male accorta pare buono e giusto. Ma nelle rette repubbliche la ragion di stato con le leggi si conforma, e la prudenza politica con quella sempre cammina; e l’una e l’altra d’accordo fanno una perfetta armonia, rivolte insieme al giusto e all’onesto, mirando ugualmente alla felicitá di cui ubidisce, e di cui comanda. Ma perché nelle cose umane non si dá l’intieramente perfetto, se non per imaginazione e per desiderio; quel dominio dove non sia gran fatto apparente dissonanza tra le leggi e la ragion di stato, si dovrá sommamente lodare, e tener in pregio: e tanto piú quando la limitazione o trasgressione della legge sará per beneficio pubblico, ancor che l’interesse di cui governa vi avesse qualche parte. Tutte queste cose giá m’invitarono a trattar con qualche metodo tutta questa materia della ragion di stato, e in particolare con l’occasione che mi porgeva Aristotele nel quinto libro della Politica, l’anno passato spiegato da me a’ miei uditori nelle scuole canobiane; nel quale possiamo veramente dire, esser da quel grand’uomo proposte piú massime e precetti politici di ragion di stato, cosí buona come rea, nell’insegnarci le maniere e i modi, con li quali ciascuna delle specie de’