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36 ludovico zuccolo

LUDOVICO ZUCCOLO

ampliando il significato della voce «politica», compresero anco con essa ogni spezie di ragione di stato.

Maggior difficoltá porta seco il saper ben discernere se la ragione di stato sia parte della politica overo sia arte o facoltá a quella subalternata, come la musica all’aritmetica e l’optica alla geometria, o pur sia in tutto dalla politica diversa. Ma chi bene ricordasi delle cose le quali si sono addietro divisate, potrá agevolmente sciogliere questo nodo. Poiché, sendosi detto che nelle buone republiche la ragione di stato risguarda al bene di chi commanda e di chi ubbidisce, né si discosta dal giusto e dall’onesto, è necessario a concludere ch’ella sia parte della politica, convenendo con esso lei nel soggetto e nel fine. Nelle prave republiche poi, le quali la politica propriamente non si propone per iscopo, non potrá dirsi a modo alcuno che la ragione di Stato sia parte della politica; ma né forse anco si doverá ammettere che sia ad essa subalternata, ché da subalternante buona non è facile a capire come subalternata malvagia derivi. E cosí la ragione di stato, per esempio, del tiranno o dei pochi potenti averanno quella somiglianza con la politica, che l’amore reciproco tra i giovani e le femine del mondo tiene con la onesta e perfetta amicizia. Sí che tra la ragione di stato de’ domini malvagi e la politica non sará altra congiunzione che di somiglianza e di analogia. Perché la ragione di stato fará quello ufficio nelle prave republiche che quella parte di politica, la qual mira all’introdurre ed al conservar la forma, fa nelle buone e rette forme di governo.

Potrebbe forse alcuno notarmi d’aver piú d’una volta asserito in questo discorso che la ragione di stato de’ buoni governi miri al bene di chi commanda e di chi ubbidisce, con dire che Aristotele distingue i buoni dai rei governi dal riguardar questi al commodo di chi regge e quegli altri al bene di chi ubbidisce. Sí che queste per dottrina di Aristotele vengono ad essere ultime differenze, le quali rendono diverse le buone dalle prave republiche; però non sará ben detto che ne’ retti governi si abbia l’occhio al bene di chi commanda e di chi ubbidisce. «Tyrannus enim», diceva pur Aristotele, «suam, rex