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272 virgilio malvezzi


XXVII

Salvare lo stato accettando ogni cosa.

I politici vogliono piuttosto che il principe avventuri lo stato e la vita che perdere, o per mezzo di pace o di tregua o di tributo o d’altro, la riputazione. Io non mi sottoscrivo al loro parere e dico che, se la grandezza d’un principe consiste nella sua riputazione, che egli deve prima morire che perderla; ma che, se è fondata sopra quantitá di danari e di popoli soggetti, ch’egli si accordi al tempo, che faccia paci, triegue, anche con disavantaggi di fama, che diventi tributario, benché di gente inferiore, e che non tralasci qualsivoglia cosa per bassa che sia (quando non venga contro la legge di Dio) per non avventurare lo stato, perché ogni cosa è migliore dell’avventurarlo. Quando questo non si è perduto, si è sempre a tempo di riacquistare quello che si è perduto. È prudenza, non è infamia nei principi. Essi non si hanno da fare a schifo di niente che accresca o che mantenga la dominazione. Gli uomini privati stimano queste debolezze, perché le misurano col loro compasso. Tutti i gradi degli uomini hanno la loro riputazione e quasi tutti l’hanno differente, anzi molte cose che in un grado sono infamia, nell’altro sono riputazione. Un principe, che ha uno stato grande, non perde mai la riputazione se non perde lo stato, perché il suo stato è la sua riputazione. È in sconquasso il mondo, conciossiacché gli uomini d’uno grado, saltando in quello degli altri, confondendo le riputazioni, confondono l’universo. Vuol sovente il mercante far da gentiluomo, il gentiluomo da principe, il religioso da soldato, e dove la riputazione dell’uno consiste nel sopportare e perdonare le ingiurie, salta in quella dell’altro, mentre che vuol ribatterle e vendicarle (D., 101-3).