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pensieri politici e morali 269


XXI

La donna e la concupiscenza.

Coloro che credono che la donna non sia formata contro l’intenzione della natura, che non sia un errore, che non sia un mostro, bisogna che affermino che è fatta per la generazione; e, se è fatta a questo fine, come veramente è fatta, è necessario che sia dotata di parti che muovono a questo fine. Di qui avviene che, subito che si rappresenta a noi, quando non si sia prima formato un abito o non si formi allora una gran resistenza, si corre per natura a contemplarla per quel fine pel quale l’ha fatta la natura (P., 114).

XXII

Vanitá degli uomini per le loro donne.

Le donne sono nate per istar in casa, non per andar vagando. I loro gusti hanno ad esser quelli dei loro uomini: partecipati, non propri. Il condurle alle feste muove talora chi le vede, se sono brutte, al disprezzo, se belle, a libidine. Quanti amici acquistano esse, tanti inimici accrescono ai suoi. In casa, possono aiutare; fuori, non sanno se non impedire. Non dá la loro conversazione gusto a chi vi si ritrova che il piú delle volte non sia in disgusto di chi ve le conduce. Quando non perdono esse nel desiderare, perdono nell’esser desiderate. Se si fugge la conversazione di cui vi brama infelici, perché si cerca quella di chi vi desidera impudiche? Ella è una vanitá piú degli uomini che deile donne. Pensano farsi invidiare e si fanno insidiare; ed alla fine, invece dell’invidia, rimane la compassione. È vero che il bene a molti par poco, se altri non sanno che si possegga; ma è manco se, per farlo conoscere, si perde (R. 58-60).