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200 anton giulio brignole sale


fu macellata. Dico solo, per dir tutto in uno, ch’egli lei uccisa, dentro il proprio sangue involta, ebbe occhi, nonché per vedere, ma per vagheggiare, ed ebbe lingua (oh inferni, e che faceste?) da lodare, da vezzeggiare.

S’egli avesse fatto smozzicare il corpo ucciso, o dare in pasto a’ cani, a’ corbi, pur saria potuto dirsi effetto di una impetuosa rabbia, che, con agitare al crudo l’animo oscurandoli il discorso, avesse alleggerito insieme in qualche parte la sceleraggine. Ma il poter mirare, vagheggiare e porger lodi, fu un servirsi de’ misfatti per trastullo, non per isfogamento; fu un pregiar la propria immanitá per modo, ch’ella, quasi gentil cosa, gli sembrasse degna di adornarsi co’ vivaci fiori uno ingegno concettizzante. Felicissima Agrippina, dopo morte almeno, se a’ tuoi funerali un re del mondo è il panegirista. E chi meglio di colui che concepisti in te, su te poteva concettizzare?

O lodi, gioie che si appendon per cpprobrio, non per fregio, a’ piedi de’ ladroni pendenti in croce! Cappe d’oro, con cui Dante faceva gemer nell’inferno sotto insopportabil peso e sotto fodera di ogni tormento le anime piú maladette. E qual male, e sia pur grande, può patire un nobil animo o commettere uno scellerato, che non sia uno scherzo in paragone degli scherzi dal medesimo uccisore fatti sopra il miserabile cadavero, ch’ei stesso uccise? Furon per congiura, machinata contro il proprio principe, giustiziati in nobile cittá d’Europa, non è ancor gran tempo, cavalieri in ogni cosa, sian ricchezze e stati o sangue, amati sommamente, fuorché nei tener segreto un punto solo, dalla fortuna. Fu tra essi data a morte generosa e titolata donna, ammirabile non meno perché tacque che perché osò. Dopo ch’ella giacque uccisa, il Nerone, — il carnefice dir volli, — fu cosí sfacciato da scoprir, con mano tinta ancor del sangue della misera, sue carni e commendarle, quasi state oggetto prezioso da’ piú innamorati desidèri de’ gran principi, di morbida dilicatezza. Ebbe pena, ma non pari al suo misfatto quell’infame, il quale non provò l’arte sua propria appeso ad un capestro, sol perché in quel tempo, in cui pietá non ritrovavano i piú illustri personaggi, ritrovar doveala per