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122 ludovico settala


all’imperio, come cred’io fosse tra Cesare e Pompeo: come nel regno d’Inghilterra tra la famiglia Eboracese e Lancastria; e in Francia tra la famiglia di Borgogna e d’Angiú: per le quali inimicizie si sogliono distruggere le forme delle republiche.

Pensò inoltre, e molto bene, Aristotele, nella politía in particolare doversi fare le dignitá e magistrati non perpetui, ma di poco tempo, come annui, o di due anni: sí per non serrare la porta a tanti altri meritevoli e desiderosi degli onori, li quali se si vedono privi di speranza di sottentrare ancora loro in alcun tempo alle dignitá e onori, movono delle sedizioni e rovinano le republiche; sí ancora perché co ’l perseverare al longo in un magistrato si fanno insopportabili, per esser solo usi a commandare né soliti ad obedire, e per la longhezza del magistrato non soliti a render conto a’ supremi magistrati dell’azioni loro. Esempio ci sia Giulio Cesare, che per essergli stato prolongato l’imperio nella Gallia tanti anni, non poteva, né sapeva vivere piú privatamente, e perciò si usurpò l’imperio.

Bellissimo è lo stratagema, che nel quinto della Politica al capo ottavo insegnò Aristotele, che per mantenere una repubiica si deve mostrare o fingere un imminente pericolo: perché, o falso o vero che sia, si rendono i governatori della republica piú diligenti nell’antivedere i pericoli e provedere che non vi si inciampi; e i cittadini staranno piú pronti alla difesa. Conciosiacosa che bene spesso avviene, che per la longa pace e tranquillitá si sogliono trascurare le cose; e all’improviso sopraggiungendo i pericoli, non essendo pronte le difese, restano oppresse o in pericolo di perdersi le republiche, o almeno di perder parte del dominio. Perciò per ragion di stato conviene, se non vi è vero pericolo de’ nemici o interni o esterni, fingerne de’ verisimili, acciò si stia con gli occhi aperti per conservarsi.

Perché vera e buona republica ancora quella è, dove il piú de’ cittadini sono ammessi al governo della republica, escludendone la fece piú sordida del popolo. Per far questo e i greci e i romani si servirono del censo, cioè che nissuno potesse concorrere alle cose principali, che non avesse tanto in beni