so di lui. Allora ei si scuoteva, ed afferrando la di lei mano con uno sguardo che le recava sommo cordoglio, la scongiurava a non lasciarsi toccare da lui: Ah! se tu mi ami, diceale, deh non toccarlo: deh non permettere ch’ei ti si appressi... e quando essa chiedergli a chi si riferissero quelle parole, altro non rispondeva, se non che: È vero, è vero: e di nuovo cadeva in uno stato di sopore, da cui nulla valeva a svegliarnelo. In tale condizione trascorse molti mesi: però a misura che l’anno s’approssimava al suo fine, le di lui aberrazioni si resero meno frequenti; la sua ragione mandava a quando a quando lampi di luce, ed i custodi s’avvidero che di sovente s’intratteneva contando sulle dita una serie determinata di numeri. L’ultimo giorno dell’anno uno de’ suoi tutori entrò nella stanza, e cominciò a ragionare col medico sull’infelice condizione di Aubrey, mentre nel giorno appresso doveano celebrarsi gli sponsali di sua sorella. Questo discorso chiamò subitamente l’attenzione dell’infermo, il quale chiese ansiosamente chi fosse lo sposo destinatole. Lieti di tale indizio di ragione, quando temeasi ch’ei l’avesse per sempre per-