Pagina:Poggio Bracciolini - Facezie, Carabba, 1912.djvu/87


facezie 75

CVII

Di un avvocato che ricevette fichi e pesche

da un cliente.


Si parlava fra noi della ingratitudine di coloro che sono solleciti a far lavorare gli altri, ma tardi a ricompensarli, e Antonio Lusco, che era assai faceto e cortese, ci disse: — Un amico mio, che ha nome Vincenzo ed era avvocato di un uomo ricchissimo, dopo avere sostenute molte cause per questo, senza mai averne ricompensa, finalmente un giorno venne al tribunale per difendere una causa più difficile delle altre, di che colui l’aveva pregato mandandogli il dì del giudizio in dono dei fichi e delle pesche. E benchè gli avversari dicessero molte cose contro di lui, e per quanto lo eccitassero, egli rimase sempre a bocca chiusa, senza proferir mai parola. Tutti erano meravigliati, ed il cliente più di tutti, che gli chiese perchè fosse rimasto così silenzioso: “Le pesche, rispose, ed i fichi che tu mi hai mandato, mi hanno talmente gelata la bocca che non ho potuto dir parola.” —


CVIII

Di un medico furbo quando visitava i mediciFonte/commento: ed. 1884: malati; ed. 1885: medici;lat: De medico in visitatione infirmorum versuto.


Un medico ignorante, ma furbo, quando in compagnia di un discepolo visitava i malati, toccando il polso, come fanno, se sentiva che vi fosse qualche cosa di più grave del solito, ne incolpava il malato, dicendo che egli aveva mangiato o un fico, o un pomo, o qualunque altra cosa che gli fosse stata proibita. E poi che i malati spesso lo confessavano, così egli pareva un uomo divino che anche gli errori dei malati sapeva conoscere. Di questo il discepolo fece spesse volte le meraviglie e chiese al medico in qual modo dal polso, col tatto, o