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su l’asino, e di trascinarsi dietro, come servo, il figliuolo, non avendo nessun riguardo alla sua età. Ed egli, persuaso di queste parole, fe’ salire seco il giovinetto sull’asino, e così proseguì per la via; e lungo questa, un altro gli chiese se suo fosse l’asino, e avendo egli affermato che suo era, l’altro gli diede rimprovero di averne tanta cura, come se d’altri fosse, caricandolo di soverchio peso, essendo che uno fosse bastato. Quest’uomo, per tante e varie opinioni non si contenne più, e poichè non potea far la sua strada, nè coll’asino senza peso, nè con uno di loro, nè con entrambi sopra di esso, legò i piedi dell’asino e li infilò in un bastone e questo pose sulle spalle sue e del figlio e andò in questo modo al mercato. E poichè tutti per la novità del caso scoppiavano dalle risa, e gridavano contro la stoltezza di entrambi e specialmente del padre, questo, che era sulla riva di un fiume, gittò l’asino legato nel fiume, e così perduto l’asino tornò a casa. Per tal modo il buon uomo, che volle accondiscendere alle opinioni di tutti, non contentò alcuno e perdè l’asino.


C

La maggior balordaggine d’un uomo.


Un giorno, al cospetto de’ Priori di Firenze, si leggeva una lettera che diceva di un certo tale che era assai poco bene accetto al Governo. E poi che il nome di costui molto spesso occorreva nella lettera suddetta, così avveniva che a quel nome si aggiungesse il prefato; per esempio, il prefato Paolo. Uno di coloro che erano presenti, ignorante delle lettere, credendo che quella parola valesse onore, e che nel vocabolo prefato si contenesse gran lode come se di prudentissimo o di sapientissimo, prese tosto a protestare quella essere cosa indegna, che un uomo malvagio, nemico della patria, dovesse chiamarsi prefato.