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innanzi ch’essi qui giungano;” e prese di fatti a fuggire. “Oh! disse il gallo, perchè te ne vai dunque, o che temi? se la pace è fatta, non devi tu aver paura.” “Dubito, rispose la volpe, che questi cani non abbian notizia del decreto di pace.” E così l’inganno fu tolto coll’inganno.


LXXIX

Detto grazioso.


Un tale, un po’ troppo libero nel parlare, un giorno discorreva alquanto licenziosamente nel palazzo del Pontefice, e accompagnava con gesti espressivi le sue parole. Un amico che lo vide: “Che fai? gli chiese, ma non temi d’esser preso per matto?” Ed egli: “Questo sarebbe davvero per me gran vantaggio: perchè solo a quella condizione potrei venire nel favore di coloro che governano, poichè questo è il tempo degli stolti, e questi soltanto han le mani negli affari.”


LXXX

Disputa tra un Fiorentino e un Veneziano.


I veneziani aveano concluso col Duca di Milano un trattato di pace duraturo per dieci anni. In questo tempo scoppiò la prima guerra tra’ Fiorentini e il Duca, e poichè pareva che quelli avessero la peggio, i Veneziani, mentre il Duca nulla temeva da loro, per paura che egli superiore nella guerra non rivolgesse su di loro le forze sue, ruppero il patto ed occuparono Brescia. Qualche tempo dopo, un Veneto venne fuori a dire: “Voialtri ci dovete la libertà; se siete liberi, lo siete per opera nostra.” E il Fiorentino, per ribattere la iattanza del Veneto: “Non foste voi che ci faceste liberi, fummo noi che vi facemmo diventar traditori.”