Pagina:Poggio Bracciolini - Facezie, Carabba, 1912.djvu/64

52 facezie

LXVI

Graziosissimo detto di un giovane.


Una villana lamentavasi un giorno che le sue oche non fossero in buono stato e diceva ch’esse eran state stregate dalle parole di una vicina, la quale, avendole lodate, non aggiunse: Dio ve le benedica, come il volgo suol dire. E un giovane, che udì questo lamento: “Ora comprendo, disse, come la mia anitrella stia male, e in questi giorni si sia fatta assai debole. Dopo che l’altro giorno la trovarono bella, e non vi aggiunsero questa benedizione, credo che sia stata stregata perchè non sollevò più la testa. Benedicila dunque, ti prego, perchè riprenda il vigore di prima.”


LXVII

Di uno stolto che udendo uno che imitava la sua

voce credette d’essere lui stesso che parlava.


Il padre d’un amico mio aveva relazione con la moglie di un uomo sciocco e balbuziente. Una volta ch’egli andava alla casa di lei, credendo che il marito fosse fuori, picchiò forte alla porta; e simulando la voce del marito, chiamò la donna ad aprirgli. E quell’uomo sciocco, che era in casa, udita quella voce, prese a dire: “Va’ dunque, apri, Giovanna; fallo entrare, Giovanna; perchè mi par d’esser io che batto.”


LXVIII

D’un uom del contado che aveva un’oca da vendere.


Un giovane del contado che recava a Firenze un’oca per venderla, s’incontrò in una donna che gli parve allegra e che ridendo gli chiese quanto costasse l’oca. Ed egli: “La potrete pagar con poco,” “Quanto?” chiese la donna. “Lasciatevi fare una volta sola.”