Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
14 | prefazione |
non amano maggiore ornamento e vogliono invece esser dettate quali vennero da chi parlando le disse.
Ed alcuni forse penseranno che questa scusa che chieggo venga da mancanza di ingegno: ed io stesso lo reputo. Ora coloro che sono di questo avviso ripiglino queste favole, le presentino e le rivestano a loro grado, ed io li esorto a farlo, chè la lingua latina in questa nostra età è fatta ricca anche ne le cose leggiere; e l’esercizio di scrivere quelle cose gioverà sempre a la grande arte del dettare. Io stesso volli fare la prova, se molte cose che si riputava non potessero essere scritte in latino, potessero tuttavolta scriversi senza cader nel vile; e non cercai in questo nè l’eleganza, nè l’ampiezza del dire, ma mi contentai e mi contento che le mie istorie non sembrino malamente narrate.
Del resto, risparmino la lettura di queste conversazioni (è così che le voglio chiamare) tutti coloro che sono troppo rigidi censori e critici troppo acerbi, e come una volta fece Lucilio coi Consentini e i Tarentini io amo che i miei lettori siano d’animo lieto e sereno. Che se essi invece saran troppo incolti, non ricuso lor di pensar come vogliono, purchè non se la prendano con l’autore, che solo per esercitar l’ingegno e sollevar lo spirito scrisse.