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loppo fuori delle porte della città, rimproverando la lentezza degli altri, che venivano dietro come se avesser paura, e urlando che sarebbe anche solo andato contro ai nemici. Quando correndo, e buttando le forze in queste millanterie, ebbe trascorso un miglio e vide alcuni che ritornavano coperti di ferite avute dai nemici, prese ad andar più piano e ad allentare il passo. E quando udì le grida dei nemici che combattevano co’ suoi concittadini, e vide di lontano la battaglia, si fermò. E quando uno, che aveva udite le sue millanterie, gli chiese perchè non si spingesse innanzi e non entrasse nella mischia, egli, dopo essere stato per qualche tempo in silenzio, rispose: “Non mi sento così forte e valoroso nelle armi come credevo.” Si devono pesare le forze del corpo e dell’animo per non promettere mai più di quello che si possa dare.


CCXLVIII

Di un uomo che per due anni non prese

nè cibo nè bevanda.


Temo, che ciò che ora sto per raccontare non sembri una favola, perchè ripugna alla natura e pare che si possa facilmente negare. Un tale, che aveva nome Giacomo, e che al tempo di papa Eugenio era nella Curia Romana, nel posto chiamato di copista, tornò a Noyon in Francia, che era il suo paese natale, e qui cadde in grave e lunga malattia. Il mio racconto sarebbe troppo lungo se dovessi dire tutte le cose che egli disse gli erano durante quella malattia accadute. Finalmente dopo molti anni, al sesto anno del pontificato di Niccolò V, tornò alla Curia, per andare al sepolcro di nostro Signore, nudo e povero, perchè per la via i ladri lo avevano spogliato; e andò da alcuni della Curia, miei vicini, uomini onestissimi, che lo avevano prima cono-