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il quale il gatto quella notte aveva fatta la sua. Pien di schifo per l’iniquo tanfo, dovè lavarsi la testa e i capelli. Così un sogno d’oro s’era mutato in merda. —


CXXX

Di un segretario di Federico imperatore.


Pier de le Vigne, uomo saggio e dotto, fu segretario di Federico imperatore, il quale essendo nemico di Alessandro III papa, e avendo portata la guerra nei dominii della Chiesa, fece accecare Pietro, che era italiano, per invidia che fra i barbari si era mossa contro di questo. Poi pentito, perchè aveva fatta cattiva azione, lo chiamò nel suo consiglio segreto. Una volta che l’imperatore trovavasi in grave mancanza di denaro, Pietro lo consigliò di servirsi, nella guerra colla Chiesa, delle forze di questa, di prendere e di fondere, per continuar la guerra, gli ornamenti d’oro e di argento delle chiese, fra i quali erano in quel tempo memorabili (erano allora a Pisa) le catene che erano d’intorno alla cattedrale. Piacque il consiglio a Federico, ed arricchì l’esercito con le spoglie della Chiesa, e allora Pietro gli disse: “Imperatore, io mi sono vendicato finalmente della pena che tu mi hai ingiustamente inflitta. Tu ti sei già acquistato l’odio degli uomini; io ti ho fatto per causa del sacrilegio nemico di Dio; d’ora innanzi tutte le cose tue andranno a male.” Dopo però fu Federico vincitore; ma poi Alessandro schiacciò l’orgoglio dell’Imperatore; e, con quel detto, Pier de le Vigne dimostrò che le cose sacre non possono portarsi ad uso profano; e chi lo fa è punito da Dio.