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In questa collezione, nella quale agli scrittori piú significativi, o anche a quelli, come il Fantoni o il Bertòla o il Vittorelli ed altri, dei quali la vastitá dell’opera lo esiga, è lasciata larga parte in appositi volumi, si trattava di riunire in una mole comportabile solo quei poeti che, o per l’estensione materiale dell’opera loro o per ragioni intrinseche, non valessero agli studiosi la spesa e la fatica di volumi a sé; e in questa scelta bisognava non indulgere ai gusti personali del raccoglitore (nel qual caso è ovvio che sarebbe stata assai meno abbondante), ma di rappresentar la tradizione letteraria secondo i giudizi e le ammirazioni dei contemporanei e dei posteri immediati.
Una difficoltá si presentava prima di tutte, ed era la disposizione: si sarebbe potuto continuare l’ordinamento adottato per la serie I, nella quale si è seguita una specie di distribuzione geografica delle colonie d’Arcadia; ma, eccetto che a Verona e in Toscana, di questo periodo che va dal 1760 alla Rivoluzione, pochissimo si ha fuor dei ducati di Modena e di Parma; con prevalenza in quello dell’ imitazione classica e sopratutto oraziana, in questo del frugonismo.
Io ho preferito seguire un ordine cronologico, pur riconoscendo quanto sia lontano anch’esso dal fornire idee ben precise: ciò tanto piú o tanto peggio, in quanto non sarebbe possibile distribuire le poesie stesse cronologicamente, senza metter capo a una inestricabile confusione; ma ho dovuto seguir la cronologia affatto esteriore della nascita degli autori.
Alla quale anche mi ha deciso il fatto che i volumi conservano una tal quale unitá di carattere: infatti in questo secondo sono (oltre le Canzoni pastorali del Pompei, un curioso strascico dell’Arcadia anteriore) quelli che in un certo senso si potrebbero dire i pariniani: Savioli, Paradisi, Cerretti; nel terzo quasi soltanto i frugoniani: Mazza, Rezzonico, Bondi, ecc. All’uno e all’altro volume ho aggiunto, quasi appendice, una scelta di minimi, i cui versi ebbero voga ai lor giorni, e per qualche tempo di poi, perché a una raccolta come questa evidentemente non potevan mancare saggi almeno dei sonetti del Minzoni e d’altri siffatti.
Su questo periodo in generale, oltre le solite Storie del Lombardi, dell’ Ugoni e Ticozzi, ristampate in continuazione del CoRNiANi, / secoli della letteratura italiana (Torino, 1856), dello Zanella e del Concari (Milano, Vallardi), vedi: Arullani, Lirica e lirici del Settecento, vari studi di Emilio Bertana nel Giorn.