Pagina:Poeti minori del Settecento II.djvu/328

VI

— Chi sei? — Caia son io. — Vieni, e seguace
gaudio in questo ti sia nuovo soggiorno: —
dice il custode; ella risponde, e pace

spira dagli occhi e dal bel viso adorno.
Fregia l’uscio di bende, e con sagace
man l’olio versa a’ cardini d’intorno;
pronto è il fanciullo per ghermir la face,
che, non rapita, le saria di scorno.

— Entra, donna immortai, ma deh! che il saggio
virginal piede il limitar non tocchi:

sai qual alto n’avresti un giorno oltraggio. —
Ma giá, in meno che strai d’arco si scocchi,
lanciossi entro la soglia, e al suo passaggio
i cardini si alzar, benché non tócchi.

VII

Non piú dimore: alla famiglia antica
de’ domestici iddii, donna, conversa,
di’ che tengano lungi ogni nemica
cura, o vicenda di fortuna avversa:

ai vaghi simulacri avvolgi e implica
le ghirlandette di viole e persa,
e il foco spargi per la stanza amica,
e il vetusto falerno a terra versa.

Non vil timor, né meste ombre inquiete
verran, confuse colla notte oscura,
le placide a turbarti ore scerete;

e se oseranno intorno a queste mura
le folgori strisciar, fien vòlte in Lete
dall’amorosa lor vigile cura.