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Un dei vigili allora alla vedetta
era Leandro. Ei, poiché al dubbio lume
vede un, che piú chiamato e piú s’affretta
a fuggir, come al piede abbia le piume,
vibrale un colpo, di cui far vendetta
col sangue suo dovrá. Nemico un nume
resse il piombo fatai, cui dá ricetto
la fuggitiva vergine nel petto.
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E cade, e di Leandro il nome amato
morendo invoca. A quella flebil voce,
da cui sentiasi in mezzo al cor piagato,
al suon del nome suo, colá veloce
muove il guerriero, e innanzi a sé prostrato
(spettacol miserabile ed atroce ! ) ,
di colei vede il bel corpo, per cui
dati avria mille volte i giorni sui.
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Stupido, muto, di pallor coperto,’
gelò, ristette; né il dolor crudele,
tanto ogni senso irrigi dinne, aperto
lasciò il varco ai singulti e alle querele:
ma, poi che lo stupor cesse e che certo
fu dell’alta sciagura: — O mia fedele,
disperato sclamò, — dunque in tal guisa
ti riveggo? E mia mano è che t’uccise?
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Ed io ancor vivo? e ancor sostienmi il suolo?
e un abisso non v’ha che in sé mi accoglia?
Amato spirto che animavi, un solo
momento pria, la piú leggiadra spoglia,
anzi che al ciel drizzi per sempre il volo,
mira le tue vendette e la mia doglia! —
E trafitto nel sen, piomba all’istante
vittima appiè della trafitta amante.