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XXVIII

PER IL SUICIDIO DI FRANCESCO FAMIGLI
SUO SERVO

Ancor ,ti veggo, ancor mi spiri accanto,
ombra infelice: i fiochi omei rammento,
e dal tuo, misto ai baci, ultimo pianto
la destra ancora inumidirmi sento.

Ahi! quanto ben m’invidiasti! quanto
dei canuti miei di sarai tormento!
Teco ogni mio conforto, ogni mio vanto
l’opra distrusse d’un fatai momento.

Quel, che offrir non poss’io premio ai tuoi merti,
lo ti dia il ciel. Che se a l’ospizio antico
di lá mai guardi e ai lari miei deserti,

vedrai che di pensier tetri e d’ambasce
e di memorie del perduto amico,
vago di morte, il tuo signor si pasce.

Su questi campi, che a te fúr si cari,
cessero i mirti ai funebri cipressi,
e nel notturno orror sibili amari
vien dai sepolcri il gufo a sciór sovr’essi.

Votivi ai mani tuoi sorgonvi altari:
e, da persa e verbena insiem connessi,
serti ogni anno vi avrai de’ fior piú rari
e il pallid’oro delle prime messi.

Al morir di natura, io qui fra tanto
piango le morte mie speranze, e posa
non cerco o voglio a le querele e al pianto.

Piacemi sol che da l’opposto speco
ripeta il suon de’ lunghi lai, pietosa
al mio dolor, l’inconsolabil eco.

Poeti minori del Settecento - n.