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Te dunque seguo, o dea, te, che comprendi
tutte de l’uom le passioni ascose,
e a la patria e a se stesso utile il rendi
60ne’ vari offici ove la sorte il pose.

Per te dovuti al cielo incensi e voti
Saigon su l’are, e a l’uom l’altr’uomo è caro:
per te al candido cor son nomi ignoti
ambiziose voglie o genio avaro.

65Quindi è che insulti a l’uccisor di Clito,

che angusto il mondo finse a le sue brame,
e a lui che il mar coperse e ingombrò il lito,
giá per la morte di Leandro infame.

Intrepida per te mostrasi un’alma
70al furiar de la contraria sorte:

tal fra i ceppi serbar la prima calma
Socrate e Focione in faccia a morte.

Tu intanto odimi, o dea. Se tuo seguace
il cammin di virtú correr degg’io;
75schifo d’adulator suono mendace,

se aver dee nobil mèta il canto mio;

sien lunghi i giorni miei : me d’Egle in seno
d’un bramato imeneo scorgan le faci,
fin che, in tremola etá venendo meno,
80porganmi i labbri suoi gli ultimi baci.

Ma, se a me stesso e a le tue leggi infido,
dando al sentier de la virtú le spalle,
levar di me dovessi infame grido,
del vizio seduttor battendo il calle;

85o se un di, mia mercé, su le mie soglie

sparger dovesser mai singulti amari
l’orfano derelitto e l’orba moglie,
dal sen divelti de’ paterni lari;