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Te, modesta donzella, il patrio tetto
80serbò finora a profan occhio ascosa:
altro conviensi a sposa;
altro vedrai di cose ordine e aspetto.
Giá il libero motteggio intorno pende;
giá la licenza convivai ti attende.
85Vedrai che al fianco del non suo consorte,
Onfale nuova di piú molle Alcide,
tresca Licori e ride;
mentre, beato de la propria sorte,
al fianco anch’ ei de la fedel Temira,
90di Licori il marito arde e sospira.
Fuggi gl’infidi esempi. Al casto sposo
non usurpi il tuo cor straniero amante.
Ma deh, che il sen costante
non t’agiti giá mai pensier geloso!
95quanto il velen di gelosia nemica
odino gl’imenei, Procri tei dica.
Sovra i colli d’Imetto, intorno a un fonte,
fresca erba sorge fra perpetui fiori:
bosco di mirti e allori
100al cielo innalza la chiomata fronte:
invitato da l’ombre, ivi sovente
Zefiro scherza in sul meriggio ardente.
Al grato rezzo del solingo loco
Cefalo cacciator, carco di prede,
105spesso rivolge il piede:
ivi s’adagia, ed: — A temprar mio foco —
alto ripete — in questi poggi ameni,
vientene, o mobil aura; aura, ten vieni. —