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VI
I RIMORSI.
Se il tuo pensier lusingano
fasto, vendetta o sdegno;
se fra i rimorsi e l’impeto
d’un duol che non ha segno,
5brami veder chi barbaro
d’abbandonarti ardi ;
godi e rimira. Io supplice
le tue ginocchia abbraccio,
insulta ai pianti, e sciogliti
10da si aborrito impaccio:
le tue ripulse affrettino
l’ultimo de’ miei di.
Qual mai discolpa a l’orrido
mio fallo addur si puote?
15Forse le ingiurie indebite,
o l’esecrate note,
che la mia man commettere
a un empio foglio osò?
No, a l’ire tue non celisi
20de le mie colpe il peso:
siasi destino o il vogliano
smanie di nume offeso,
io stesso accendo il fulmine
per cui perir dovrò.