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Certo te mai non punsero
d’amor l’aspre saette,
e insultatrice or provochi

100cosi le sue vendette.

Guai, SQ in vecchiezza ei serbati
scopo del suo martiri

Aspra fu Lice al misero
Fiacco, qual dura cote,

105e amò poi quando i luridi

denti e le crespe gote
vil gioco al Lazio resero
il suon de’ suoi sospir.

Vidi io de’ caldi giovani
no chi giá rise ai lamenti

arder canuto e tremolo:

fra balbettati accenti,

piangere al piede io vidilo

di rigida beltá.
115Ah, te i fati non serbino

a cosi dure pene!

non te sorda e inflessibile

abbia la nostra spene!

l’ore notturne affrettano:
120aprimi per pietá.

Oimè! la notte involasi,

e tu non apri ancora?

ferma un istante; ascoltami

tu almen, pietosa Aurora.
125Lasso! Il tuo raggio illumina

l’ultimo de’ miei di.

Piú non resisto: ingombrami

orror di morte e gelo.

Ma te, Cipassi, ah! vindice
130" te pur ricerchi il cielo,

furia crudel, che il Tartaro

a’ danni miei nudri.