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Venga un fulmin che vi schianti,
50che riducavi in faville,
esecrate dagli amanti,
dure porte d’Amarille;
e a ciascun sola e deserta
resti poi la soglia aperta.
55Quante volte, o porte ingrate,
sugli albori mattutini
per me foste incoronate
d’amaranti e gelsomini;
quanti diérvi e preghi e voti
60i nostr’inni a voi devoti!
Deh ! v’aprite, e me rimiri,
pria che nasca il nuovo lume,
ed ascolti i miei sospiri
Amarillide, il mio nume:
65cosi eterne voi qui siate,
care porte avventurate.
Ah! vaneggio e folle io sono
a garrir col sordo legno.
La crudel, di cui ragiono,
70armò il cor d’ingiusto sdegno:
io qui peno, ed ella intanto
sta proterva e ride al pianto.
Deh! qual pena, o ninfa infida,
qual martire a te procuri?
75Non pensar che sempre arrida
Giove sordo agli spergiuri:
vendicò sull’altrui scorno
sé tradito amante, un giorno.