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Ei spande fra le selve il suo favore;
65tra le ninfe ivi regna, e i rozzi petti
son grato segno a l’arco vincitore.
Sola, madre di facili diletti,
con lui la snella libertá s’aggira,
senza ornamento in vili panni e schietti.
70Ove il pie tocca, ove lo sguardo gira
ivi il piacer molce d’ambrosia i cori,
l’acqua e la terra ivi d’amor sospira; ^
e l’amator de la purpurea Glori
odorifero nembo in ciel diffonde
75con l’involato spirito de’ fiori.
S’a gentil prego il tuo favor risponde,
il Lambertino giovane t’invita:
vieni, cortese dea, su queste sponde:
tu all’alma sposa le tue leggi addita,
80onde sfavilli entro sua guancia il riso,
che vergogna ne l’ostro ha colorita.
Duro ritegno che le siedi in viso,
perché tieni que’ labbri imprigionati,
quando sospira il cor vinto e conquiso?
85Tu vieni, Alcide, ancor. Lascia i beati
seggi d’Olimpo, ove tra l’odio amaro
d’ Euristeo crudo e tra gli avversi fati
salir potesti de’ dii sommi al paro:
tanto virtú, tanto diffidi lode
90doma il rigor de l’Acheronte avaro!
Parte del rito è tua. Per te s’annode
il puro cinto di ritorta lana,
eh’ è di virginitá schermo e custode.
Perché fra l’ombre de la notte arcana
95tardi il fervido sposo indugio lento,
stringilo, e l’opra non sia lieve e vana.
Vieni: non quale ad altre prove intento
Lerna ti vide ne l’impura valle
di dura clava armato e d’ardimento,