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XVI
LE VESTI NUZIALI ROMANE
PER NOZZE LAMBERTINI E SAVORGNAN IN BOLOGNA.
L’onda febea, che a pieni sorsi attingo,
di nuova lena caldi sensi avviva:
aprite, o muse, il generoso arringo.
E tu ti sveglia al suon, cetra festiva, •
5mentre tra il fumo de le negre tede
scende da l’ardue spere amica diva.
Veracemente è dea. Di lei fa fede
sinuoso di nubi arduo volume,
che cinge il cocchio e le si avvolge al piede.
10Chi non ravvisa, Giuno alma, il tuo nume
al regal fregio e al vago augel, che spiega
la densa pompa de l’occhiute piume?
Vieni: di Cinxia te col nome or prega
coppia gentil, che fra desiri ardenti
15dolce giogo amoroso avvince e lega.
Giá non fu tardo al suon de’ sacri accenti
l’invocato Imeneo, ma ratto ei venne
portato a volo da secondi venti:
qui volse il corso, e qui fermò le penne,
20poi l’atra notte ei serenò col riso.
Cosi principio il santo rito ottenne.
Col ferro acuto d’ostil sangue intriso
l’asta guerriera, a miglior uso vòlta,
il tuo crin, bella sposa, ha giá diviso.
25Serto di fior giá la tua chioma ha involta,
e giá s’udirò gí ’iterati augúri
per la turba sonar clamosa e folta: