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25Allor non era dato al risorgente

parlar novo del Lazio i gran soggetti
con la bocca adeguar piena e sonora;
ma, quale in folta notte artica luce,
che folgoreggia inaspettata e il freddo

30opaco dorso all’Aquilone indora,

tale agl’iniqui di Dante rifulse,
per disgombrarne il gotico squallore,
che premea, vincitor, l’arte d’Apollo.
Pur v’ha chi nega a quel poema sacro,

35al quale ha posto mano e cielo e terra,

di poema l’onor. Perché, di Giuno
fra l’ire nitrici e fra gli eòli nembi
agitatori del tranquillo mare,
non sorge ai lazi porti un novo Enea;

40perché non segue fra le varie genti

l’incerte vie del peregrino Ulisse;
forse il concesso a pochi epico lauro
la difficile musa a lui contende?

Ma quale udi la di menzogna amica

45argiva scola, e la di guerre vaga,

non ammollita ancor latina gente
piú lungo e memorabile viaggio,
o piú degno di carmi alto argomento?
Ecco, il signor dell’altissimo canto

50scender non teme entro l’eterno lutto,

pei campi muti di diurna luce;
né l’animose indagatrici piante
indietro torce dallo stigio orrore.
Ei varca poi dove il cessabil foco

55l’alme degnate d’ immortai promessa

dall’antico squallor terge ed affina,
qual s’arroventa entro fabbril fornace
il rigor dell’ indocile metallo,
dell’alitante mantice al tormento.

60Ei per le vie dello stellato Olimpo