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CANZONE IV.
Fra le stagion dell’anno
queir è la piú gentile,
che si veste di fior leggiadri e gai.
Tra i fior tutti, che fanno
5superbo andar l’aprile,
bella è la rosa piú d’ogn’altro assai.
Fra quante e quante mai
v’ha in ciel lucide stelle,
Cinzia d’intorno spande
10splendor piú chiaro e grande;
ed inft-a quante i boschi han pastorelle,
la piú vezzosa e vaga
quella Fillide eli’ è, che il cor m’impiaga.
Non fúr viste ft-a noi
15tante bellezze unquanco;
e a pena io trovo idea che le simigli.
Son oro i crini suoi,
sua fronte è giglio bianco,
son belle rose i suoi labbri vermigli,
20son rose miste a gigli
le sue morbide gote.
Chi mira òr, gigli e rose,
ben in lei pur tai cose,
senza vederla, immaginar si puote;
25ma come guarda e ride,
sei puote immaginar sol chi la vide.
Sotto quest’elee negra
ella sen vien talora,
e si riposa alla bell’ombra in seno.
30II bosco si rallegra
qui d’ogn’ intorno allora,