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88 angelo mazza


20
Cerco i bei modi che godean le gelide
sorgenti d’Aretusa un dì ripetere,
cantando la gentil musa sicelide
le schiette gare del buon tempo vetere.
Cerco i grand’inni che sonâro in Elide
tra l’olimpica polve, alto per l’etere
seco levando nelle vie di gloria
le volanti quadrighe e la vittoria.
21
Né all’ardito teban altri s’approccia,
che quanti osan seguirlo a terra piombano.
Qual gira di mulin rota per doccia,
qual d’augei stormo che fuggendo rombano,
qual di torrente che d’alpina roccia
caschi, le accelerate acque rimbombano,
tal dei suoi modi, ch’io contemplo attonito,
è l’impeto, il vigor, la copia e ’l sonito.
22
Chi plettro mi dará, chi man pittorica,
ch’io quel divino colorir ritemperi,
e all’auree corde della cetra dorica
felicemente itale note attemperi?
Se non che al sol, quando in Aquario corica,
piú agevole è che il ghiaccio alpin si stemperi,
ch’io tragga a riva il fatichevol carico,
onde sol ricorrò stento e rammarico.
23
Veggo il cantor di Teo che sforza i tremoli
membri a lunghe d’amor giostre, e non tenui
calici avvalla, e gioventú par ch’emoli,
quasi vecchiezza non l’affranga e stenui.
Ove, presso bel rio, bell’arbor tremoli,
veggol far vezzi con Batillo ingenui,
e, trescando la vita incerta e rapida,
deridere il final giorno e la lapida.