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86 | angelo mazza |
12
Degli elementi ammiro il bello ed utile
concerto, e ’l sol, di tutta luce origine,
distinguer l’ore, le nembose e rutile
stagion temprando e gli anni in sua vertigine;
e veggo il ricercar manco e disutile
di quanto avvolse entro fatal caligine
il sapiente incomprensibil Essere,
mille sul chiuso ver menzogne intessere.
13
Sebben di trarlo a luce ognor si adopera
l’umano istinto di conoscer cupido,
vien che indarno vi spenda il tempo e l’opera,
e torni ’l sofo alfin pari allo stupido:
chi lena addoppia nel lavor, chi sciopera,
chi un equabil cammin tenta, chi un rupido;
tutti a un termine van, se togli Socrate,
che sol sapea di saper nulla, e Arpocrate.
14
Come da quel di sapienza oracolo
diversi andâro i successor, che intesero
a far di vane idee vano spettacolo
ragion torcendo, e veritate offesero!
quanti del novo s’applaudian miracolo,
ove la nube per Giunon compresero!
o d’Epicarmo al paro e di Ferecide
sottilizzando somigliâr Mirmecide!
15
Né ’n bersaglio miglior colse Anassagora
d’un ’archetipa mente benemerito,
né per numeri e arcani arduo Pitagora
d’una vita non pago e d’uno interito;
né Anassimandro in pria, poscia Diagora
e Strato, infetti del peggior demerito,
né lui che pose di ragion partefice
l’etere, e ’l foco d’ogni forma artefice.