Teresa, io vo’ con Davide
50la nequizia de’ tempi,
con Geremia vo’ piangere
il folleggiar degli empi;
e canti pur chi vuole
di Lanfranco la prole.
55Canti Diodoro, il delfico
concittadin di Maro,
a cui non anco i quindici
lustri il vigor scemâro,
pien d’imagini e d’estro,
60di poesia maestro.
Canti Rovildo, artefice
de l’inusato metro,
par de’ precetti al novero
che al mandrian di Ietro
65die’ per l’elette genti
il Signor de’ viventi.
Tu il carme genetliaco,
etrusca Saffo, interza,
sul cui labbro versatile
70l’aura di Pindo scherza,
motrice repentina
de l’armonia divina;
e dal conserto triplice
piova al fanciullo in petto
75l’irrigator de l’anima
simmetrico diletto,
e per cognate forme
désti ragion che dorme: