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Ascolta, o padre, con quali alte grida
ei chiama Morte, che lo afferri e spegna.
Né fia sorda colei, che d’ossa albergo
175fatto vorrebbe l’universo, e tutto
silenzio, solitudine, deserto.
Né altare a te piú sorgeria, né tempio
dell’uman culto testimon, né l’inno,
che ti fe’ spesso a rimirar invito
180e d’agnelli incorrotti e pingui capre
ostia votiva e di novenni buoi. —
Lo priego di Pietá scosse la salda
mente di Giove. Lampeggiò d’un riso
promettitore di conforto e pace
185l’egíoco padre: indi ad Amor fe’ cenno,
ad Amor, che bellissimo fra’ dii
surse di Caos con ali d’oro a tergo,
e nella mole delle cose immensa
per varie guise sua virtú comparte,
190perché, scendendo e saettando i cori
con quell’arco possente, a cui non vale
ferrata maglia e adamantina piastra,
ciascun di sua metá facesse accorto:
e fu poi cura d’Imeneo la bella
195opra compir, cui diè principio Amore
e, sbramando i desii, le salme unendo
in sacro alterno indissolubil nodo,
ammendar morte e rintegrar natura.
O lui beato, che per don d’Amore
200veracemente sua metá ritrova!
E te beato tre fiate e quattro
o giovine signor, che la trovasti
nell’insubre donzella, a cui t’annodi
tra le speranze della patria e i plausi
205che a te, suo buon cultor, scioglie Elicona.