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28 angelo mazza

100e degli aurei talar veste le piante,
ond’esso puote, aer varcando e nubi,
scorrer di Giuno e di Nettuno i campi,
e l’universo misurar col volo.
Né la tremenda oblía verga dorata
105da’ lubrici distinta attorti serpi,
per cui ne’ regni eternalmente bui
mandar può i vivi, o richiamar le levi
imagini de’ morti ai nervi, all’ossa,
e mille altri condur prodigi a riva:
110ché tanto in essa di poter infuse
l’onnipossente adunator de’ nembi.
     Alato il capo, alato il piè, nel volto
arieggiante di Giove il voler, scende
pel sentiero de’ venti e delle nubi
115il celeste, uccisor d’Argo, messaggio,
ratto cosí, che va men ratto il nibbio
su le spase ali, alto-stridente augello,
e lo sparviere che disteso aleggi.
Fu giunto a terra, ragguardò, di corto
120Androgino trovato ebbe, e fe’ motto.
— Libero cenno dell’egíoco Giove,
largo-veggente, agitator del tuono,
di lui, che a tutti per possanza è sopra,
mandami a te. Gl’insani vanti, ond’oso
125di conturbar fosti l’Olimpo, e nuda
render di scettro l’invincibil destra
vibratrice del fulmine, in te vuole,
misero! menomar, e farti saggio
che in ciel v’ha un tale, che fa forza ai forti. —
130Disse: e, levata la terribil verga,
divinamente pel diritto mezzo
Androgino percosse. In duo fendute
ecco scoppiarsi ed allenar le membra
in pria giá tanto poderose, ed altro
135prendere aspetto le disgiunte parti,