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i - invito a lesbia cidonia 325

495s’aggira, e al giunger d’Espero rinchiude
con la man fresca le stillanti bocce,
che aprirá ristorate il bel mattino.
E chi potesse udir de’ verdi rami
le segrete parole, allor che i furti
500dolci fa il vento sugli aperti fiori,
degli odorati semi e in giro porta
la speme della prole a cento fronde;
come al marito suo parria gemente
l’avida pianta susurrar! che nozze
505han pur le piante; e zefiro leggero,
discorritor dell’indiche pendici,
a quei fecondi amor plaude aleggiando.
     Erba gentil (né v’è sospir di vento)
vedi inquieta tremolar sul gambo;
510non vive? e non dirai ch’ella pur senta?
Ricerca forse il patrio margo e ’l rio,
e duolsi d’abbracciar con le radici
estrania terra sotto stelle ignote,
e in europea prigion bevere a stento
515brevi del sol per lo spiraglio i rai.
E ancor chi sa che in suo linguaggio i germi
compagni di quell’ora non avvisi
che il sol, da noi fuggendo, alla lor patria,
alla Spagna novella, il giorno porta?
520Noi pur, noi, Lesbia, alla magione invita...
     Ma che non può sugl’ingannati sensi
desir che segga della mente in cima!
Non era io teco! A te fean pur corona
gl’illustri amici. A te salubri piante,
525e belve e pesci e augei, marmi e metalli
ne’ palládi ricinti iva io mostrando.
Certo guidar tuoi passi a me parca;
certo udii le parole; e tu di Brembo
oimè! lungo la riva anco ti stai.