315Tu mescerai purissim’onda a chiara
purissim’onda, e di color cilestro
l’umor commisto appariratti, quale
appare il ciel dopo il soffiar di Coro.
Tingerai, Lesbia, in acqua il bruno acciaro, 320e all’uscir splenderá candido argento.
Soffri per poco, se dal torno desta
con innocente strepito sugli occhi
la simulata folgore ti guizza.
Quindi osò l’uom condurre il fulmin vero 325in ferrei ceppi, e disarmò le nubi.
Ve’ che ogni corpo liquido, ogni duro
nasconde il pascol del balen: lo tragge
dalle cieche latèbre accorta mano,
e l’addensa premendo e lo tragitta, 330l’arcana fiamma a suo voler trattando.
E se per entro agli epidauri regni
fama giá fu che di Prometeo il foco,
che scorre all’uom le membra e tutte scote
a un lieve del pensier cenno le vene, 335sia dal ciel tratta elettrica scintilla,
non tu per sogno ascreo l’abbi si tosto.
Suscita or dubbio non leggier sul vero
Félsina antica, di saper maestra,
con sottil argomento di metalli 340le risentite rane interrogando.
Tu le vedesti su l’orobia sponda
le garrule presaghe della pioggia,
tolte ai guadi del Brembo, altro presagio
aprir di luce al secolo vicino. 345345 Stavano tronche il collo: con sagace
man le immolava vittime a Minerva,
cinte d’argentea benda i nudi fianchi,
su l’ara del saper giovin ministro.
Non esse a colpo di coltel crudele 350torcean le membra, non a molte punte.