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i - poemetti 23

210spira vigor di conformarsi al prisco
ordin sovrano correttor del mondo.
Oh tre fiate avventuroso e quattro
chi può raffigurarti e ’l pensier nudo,
occhio de l’alma, in te fissare, o diva,
215senza che nulla di terren l’ingombri!
Diffícil dono, a pochi dato, è in terra
vincer l’inganno, che ne accerchia i sensi
e la parte miglior che i sensi informa,
quasi germe gentile in suol selvaggio,
220serbar non tinta de l’umor men puro,
ond’essi traggon nodrimento e vita.
S*’io meritai di te, se a le mie note
da’ sogni intatte e da le fole achee
qualche favilla di tuo lume accesi;
225se disioso di piacerti, orecchio
negando al suon di popolare applauso,
di pochi leggitor vissi contento;
degnami, o diva, del tuo divo aspetto;
a te m’innalza, il cielo m’apri, ond’io,
230l’etra spirando che tu stessa spiri,
e beandomi al lume onde ti bei,
vaglia ritrar de la Bellezza prima
la bellissima forma: essa in te splende
qual tu in essa, e dal vostro alterno raggio
235spira il diletto, che fa paghi i numi.
Fia tua mercé s’io la vagheggi quale
stavasi quando l’infinita Idea,
invisibil del meglio architettrice,
ch’empie di sé lo spazio, e non l’occúpa,
240da l’immensa piramide de’ mondi,
ciascun di cominciar chiedenti a gara
la carriera de’ secoli e del moto,
raggiò su questo il creator sorriso,
che in essere spiegollo; e questo intanto
245da quella immota immensitá, cui manca