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i - invito a lesbia cidonia 317

te non veggente, e sotto la robusta
pelle, di te lieta si pasce e beve
secura il sangue tuo tra fibra e fibra.
210Questo di vermi popolo infinito
ospite róse un di viscere vive:
e tal di lor cui non appar di capo
certo vestigio, qual lo vedi, lungo
ben trenta spanne, intier si trasse a stento
215dai moltiplici error labirintèi.
Qual nelle coste si forò l’albergo
col sordo dente, e quale al cor si pose.
Né sol dell’uom, ma degli armenti al campo
altri seguía le torme; e, mentre l’erba
220tondea la mite agnella, alcun di loro
limando entro il cervel, dall’alta rupe
vertiginosa in rio furor la trasse.
Tal quaggiú dell’altrui vita si nutre,
altre a nudrirne condannata, l’egra
225vita mortai che il ciel parco dispensa.
     Ecco il lento bradipo, il simo urango,
il ricinto armadillo, l’istrice irto,
il castoro architetto, il muschio alpestre,
la crudel tigre, l’ermellin di neve.
230Ecco il lurido pipa, a cui dal tergo
cadder maturi al sol tepido i figli:
l’ingordo can, che triplicati arrota
i denti, e ’l navigante inghiotte intero.
Torvo cosí dal Senegallo sbuca
235l’ippopotámo, e con l’informe zampa
dell’estuosa zona occupa il lido.
Guarda vertebre immani! e sono avanzi!
Si smisurata la balena rompe
nella polar contrada i ghiacci irsuti!
     240È spoglia: non temer se la trisulca
lingua dardeggia e se minaccia il salto
la maculata vipera e i colúbri,