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316 lorenzo mascheroni

guizzi qual dardo, e le balene assalti;
te, che al sol tocco di tue membra inermi
di subita mirabile percossa
l’avido pescator stendi sul lido.
     175Ardirò ancor tinta d’orrore esporre
ai cupidi occhi tuoi diversa scena,
Lesbia gentil; turpi sembianze e crude,
che disdegnò nel partorir la terra.
Né strane fiano a te, né men gioconde
180a te, che giá tratta per man dal novo
Plinio, tuo dolce amico, a Senna in riva
per li negati al volgo aditi entrasti.
     Prole tra maschi incognita, rifiuto
del dilicato sesso, orror d’entrambi
185nacque costui. Qual colpa sua, qual ira
dell’avaro destino a lui fu madre?
Qual infelice amore, o fiera pugna
strinse cosí l’un contro l’altro questi
teneri ancor nel carcere natale,
190che, appena giunti al di dal comun seno,
con due respir che s’incontrâro, uscendo,
Palma indistinta resero alle stelle?
Costui se lunga etá veder potea,
era ciclope: mira il torvo ciglio,
195195 unico in mezzo al volto. Un altro volto
questi porta sul tergo, ed era Giano.
Or ve’ mirabil mostro! senza capo,
son poche lune, e senza petto uscito
al sol del viver suo per pochi istanti
200fece tremando e palpitando fede.
     Folle chi altier sen va di ferree membra
ebbro di gioventú! Perché nel corso
precorri il cervo e ’l lupo al bosco sfidi
e l’orrido cinghiai vinci alla pugna,
205giá t’ergi re degli animali. Intanto
famiglia di viventi entro tue carni