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i - poemetti | 21 |
sottomise Natura: e sciolto il nodo,
che cogli eventi le cagioni allaccia
(le cagion che svolgentisi da l’Una
140rivolgendosi a lei fanno ritorno),
de le vicende, ond’è sí bello il mondo,
abbandona il governo a la fortuna.
Stanno per lui ne’ vóti spazi i numi
d’un ’oziosa voluttá beati,
145e de la oblivione de’ viventi.
Sopravvien l’Eleate. Ei l’indistinto
essere eterno, intelligibil Uno,
a sé simile, dissimile e tutto,
che movendosi sta, stando si move,
150maggior di sé, di sé minore e uguale,
tramescola, distempera, modifica
a l’innata materia in lui costretta
a variar apparimento e forma.
Orribil mostro, ed esemplar di quello,
155che in fasto geometrico nel cielo
batavo apparve, e a sé volse gli sguardi
di molta Europa: salutollo un fremito
lung-plaudente appo color, cui giova
l’universo esser Dio, Dio l’universo.
160Con volto e cor di bronzo ai due s’interza
oltracotato un sognator, che giostra
di libertá con Giove e di comando;
al fulmine sorride e al rovinoso
scoscenditor de l’etera rimbombo;
165che, francheggiato dal sentirsi puro,
le cose tutte sotto sé lasciando,
del proprio suo valor su le franche ali
levasi; e a l’infrangibile catena,
che di Necessitá svolgono a fronte
170le coronate figlie de la Notte,
indissolubilmente appende e annoda
la terra, il ciel, le piante, i bruti e l’uomo.
Ragion lo guarda, il guardo torce, e geme.