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V
IL TEMPO.

Oh insaziabil vorator degli anni
che quanto esiste, Cuor ch’Eternitade,
a mano a mano chetamente azzanni!

Tu disseccasti l’umide rugiade,
5che sul mio ciglio i* mi credea perenni

alimentasse il duolo e la pietade.

E se dal lungo pianto mi rattenni,
fu allor che del pensiero colla vista
dietro al tuo volo inosservato io tenni.10 Che in sua movenza immensa strada acquista

vidi, e che il nostro fral sempre vaneggia,
quando s’allegra e quando si rattrista.

Qual cosa è mai che qui curar si deggia
soggetta a lui, che con robusta lena
15per l’oceán de’ secoli veleggia?

Quella che giá passò notte di pena
mai piú dall’occidente non s’annera;
quella di gioia piú non s’asserena;

e la dubbia speranza lusinghiera,
20per cui nostro desio s’abbella tanto,

e lo timor che cinge veste nera,

traggesi il Tempo in suo viaggio accanto;
e spesso avvien che in qualche duro scoglio
gli gitti, e alcun di lor ne resti infranto.
25V dissi allor: — Perché tanto cordoglio

d’un perder certo e solo anticipato?
e, perduto ch’i’ l’abbia, a che mi doglio?

Come in tela dall’uno all’altro lato
scorron del tessitor l’inquiete spole;
30cosi trascorre universale il Fato.