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Con immatura fuga
parti da lor, se il vuoi,
che mal de’ doni tuoi
sanno vivendo usar;
che a sé nemici e stolti
sul piú bel fior degli anni
della vecchiezza i danni
han l’arte d’affrettar.
Io di piú lieve offesa
reo non fui teco, il sai;
né mi provasti mai
ingrato al tuo favor.
L’agili membra e sane
vedi se tali or sono,
quai da te l’ebbi in dono
non viziate ancor.
Non io vegliate notti,
non cure a te nemiche,
non lunghe aspre fatiche
mai feci a te soffrir.
Né di severi studi
sui barbari volumi
fei logorati i lumi,
o il crine incanutir.
Di tanti tuoi desiri
di’ se giammai sol uno
da me contrasto alcuno,
o mormorar senti.
A te la scena piacque?
teco al teatro scesi.
Ti piacque il gioco? e spesi
teco giocando i di.