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i - poemetti 13

scabrosi morbi e morte, ultimo danno,
per cui natura col Fattor si lagna,
a l’ordine miglior turbino il corso;
205pur, come salda tra procelle e nembi
serba sua legge il vicendevol mare,
tu quel correggi, sotto varie forme
trasfigurando te medesma; e, sempre
teco concorde nei diversi uffizi,
210e solo il tutto a conservare intesa,
tempri a massimo ben minimo male;
né lo temperi sol, ma ne consoli
la salubre amarezza, aprendo ai sensi
sorgenti di piacer. Prima fra tutte,
215e figlia a te, vien Melodia, stillante
limpida vena di vocal diletto,
esca dei cuori, per cui spira a l’alma
aura sottil d’armonico concento,
che nel sen del dolor desta la gioia
220e giustifica a l’uom l’opra di Dio.
Tal dopo le raggianti ore del giorno
succedon l’atre de la notte, amica
del silenzio e de l’ombre; a lei si veste
il moltiplice aspetto de le cose
225d’uniforme visibile tenèbra.
Mancano ai sensi i cari oggetti, ed alta
regna quiete, immagine di morte;
sospeso il moto par, natura incerta.
S’aggravano i vapor, striscian sovr’essi
230neri fantasmi, e li accompagna un tristo
gemito sconcio di ferali augelli,
che metton, non veduti ancor, paura.
Ma da l’oriental balzo, vibrando
suoi raggi a cerchio, li saetta il sole,
235alma del mondo, e il maligno aer fosco
inondando di luce e di colori,
sparge salute, e l’universo avviva.