l’ardor soverchio e l’intemperie acerba;
quella, che tratta come cosa salda
vane ombre e pone de le cose al pregio
infallibil misura il proprio affetto; 170qual si costringe il rigido metallo
a figurarsi d’ideato impronto,
torcon dal segno, ove risiede il vero,
il dritto giudicar. Invan ragione,
sacra favilla de la prima fiamma, 175che a l’uom l’anima accende e la fa bella,
s’adopra invano a diradar la nebbia,
che dal torbido cor s’alza a la mente
e impenetrabil le si addensa intorno;
ch’anzi, talora affascinata, il puro 180occhio anch’essa vi appanna, e corre in braccio
baldanzosa a l’error, che fa l’uom fera.
Stolto! che crede di cangiarsi in nume.
Trista condizion! E forse a tale
dura fatal necessitá ci preme, 185come naturalmente occhio a la luce,
e ad armonico suon volgesi orecchio?
Tu, che possanza col volere agguagli
e sempre del voler bontá fai norma,
perché di due sí mal concordi essenze 190festi del ciel l’erede, e il festi a un tempo
fiacco ente, ente immortal, un verme, un Dio?
Ma invan, che da se stesso altronde, cerca
il mal seme d’Adam del proprio scorno
la misera cagion. Tu lo governi, 195equabile Armonia: che in lui, per questa
discorde essenzial tempra, fai prova
di tuo poter, di tua mirabil arte,
ov’ei docile a te segua e secondi
d’innata volontá, che al bene aspira, 200i bei principi, ond’ha salute e vita.
E, se ben cure edaci, erti fastidi,