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202 | clemente bondi |
24
Or segui pur, germe d’eroi sovrano:
usa in selve al ferir la man maestra,
e nella finta pugna non invano
a maggior opre il tuo coraggio addestra;
ché un di poi contro al barbaro Ottomano,
terror dell’Asia, volgerai la destra,
e rinascere in te dei di vetusti
vedrá l’adriaca donna i prenci augusti.
25
Ma dalla mensa omai ciascun si è tolto,
sazia giá appieno del mangiar la brama;
e da cure e pensier l’animo sciolto
con versi e suon’ di rallegrare or ama.
Silvio, che tardi? A te lo stuol rivolto
l’arco e la musa tua stimola e chiama.
Oh qual dal volto estro novel gli spira!
Su via, l’arco recate e l’aurea lira.
26
Ecco giá in man la prende, e lento pria
ricerca e tempra le discordi note;
indi ai facili versi apre la via,
e l’auree corde libero percote.
Alla beante angelica armonia
fermano il voi le stupid’aure immote;
satiri arditi e naiadi ritrose
stanno ad udir dietro la porta ascose.
27
Non si soave il cigno, allor che muore,
desta sul patrio Mincio il suo lamento;
e non del tracio vedovo cantore
suonò si dolce il flebile concento,
quando la sposa dallo stigio orrore
trasse, di nuovo duol lungo argomento;
come Silvio gentil con doppio vanto
sparge dall’arco il suon, dal labbro il canto.