scorgendo impresse, del saper supremo 95e del supremo amor, di quanto in terra,
di quanto in aria e in mar spirto ha di vita
raccolse i sensi, uní le voci e, a Dio
dando laude ed a te ministra a lui,
intonò l’inno, che dal centro cupo 100scosse la terra. Ed echeggiollo intorno
l’azzurra vòlta dei rotanti cieli:
indi a loro s’aggiunse; e, ripercosso
da un orbe a l’altro, ondeggerá mai sempre
lingua perenne del creato mondo. 105Ma, se il voler de la Ragione eterna
di tutte cose a te commise il freno,
ond’è che l’uom, cui di sí docil limo
temprò natura e di sí dolci affetti
gl’impresse il cor, che duolsi al duolo altrui, 110mentre versagli in copia essa, e disserra
mille dolcezze e frutti ed erbe, quante
son le stille di pioggia e i rai del sole,
mentre, pur vaga di piacergli, alterna
il versatile aspetto e il vario seno, 115fa poi contrasto al tuo soave impero?
l’uomo, sì bella de la Causa prima
opra ed immago, che, spiegando il riso,
erge la fronte e il ciel vagheggia? l’uomo,
al qual tu stessa, o dea, del proprio marchio 120l’invisibil de l’alma indole impronti;
de l’alma, effluvio de la somma Essenza,
che ad essa, come al sole i minor astri
centreggiano da forza intima spinti,
tende e con essa per simile impulso 125a riunirsi eternamente aspira;
sará discorde a la natura, al cielo?
Discorderá da se medesmo ancora?
Deh! guardalo, gran dea. Ve’ come inforsa
tra la folle speranza e il van timore.