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i - poemetti 9

da le Grazie che stan sempre con teco,
di questo immobil lume ornò l’erranti,
60e d’un piú vivo e tremulo le fisse
stelle, ed avvolse di mutabil chioma
l’eccentrica cometa. Essa distese,
qual tenue panno, che rifascia il mondo,
invisibil per sé, ma pur soggetto
65di quante colassú miriam vaghezze,
il fluidissim’etra, onde, fra mille
dolci offici di vita, anche piú gaio
a noi scendesse a rallegrare il guardo
il tremol raggio de la varia luce.
70Essa al dubbioso mar termine impose,
segnò le vie del folgore e del tuono,
e sopra il fluttuante arco dipinto
la pacifica stese Iri, che al sole
rende in sette diviso il primo albore.
75Essa die’ l’ale a’ sibilosi venti,
perché, spedito dai vapor terrestri
l’elastico vigor del mobil aere,
degli animali, de le piante all’uso
vario pur giovi, e a l’incremento e a l’orto.
80Essa disseminò per ogni dove
lo spirto sottilissimo inquieto,
generator de le meteore ardenti,
e le vicende armonizzò de l’anno;
finché del vario, per cui l’uno è bello,
85tutto temprando con soavi modi
mirabilmente, o dea, festi natura
teatro agli occhi, musica agli orecchi,
incanti di ragion, prova di Dio.
Fu allor, che, surto di natura il genio,
90candidissimo spirto, ale disciolse
possenti sí, che pareggiò col volo
l’estension delle create cose.
Del supremo poter quivi le tracce