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178 carlo castone rezzonico della torre


     Questo agitava Socrate
con Fedro aureo sermone,
e dal suo tempio, udendolo,
immemore aquilone
175dell’ampie procellose ali risté;
     mentre dell’arduo platano
quilio facean le fronde
d’Ilisso al roco gemito,
che con purissim’onde
180baciò de’ sofi ossequioso il piè.

     Donna immortal, tu penetri
chiuso in profondi detti
il ver che in mezzo a taciti
pensosi ermi boschetti
185Plato cercar dell’Accademia usò.
     Tu, col furor che t’agita,
fede al buon greco acquisti;
tutta ne’ pronti numeri
tu l’armonia rapisti,
190onde il samio le sfere insiem temprò.

     Solo chi sa l’etereo
bel richiamarsi a mente
l’ali giá infrante e lacere
ripullular si sente
195e d’amabile insania il petto ha pien.
     Dono, di cui concedere
Febo non può migliore,
si è quel ch’udiasi rompere
fatidico furore
200a’ prischi vati dall’anelo sen.

     Le dodonee ne furono
ilici un giorno piene,
ed alto ne sonarono
gli antri e l’euboiche arene,
205presso la selva orribile infernal.