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ii - poesie varie | 175 |
di gloria e d’onor cupido
alza la fronte, in cui
due grandi occhi nereggiano
e fede fan che a lui
furie, frodi e malizie ignote son.
Ma torto l’altro e vario,
e piú di pece nero,
e le pupille cerule
tinto di sangue, e fero
il simo volto, e la cervice umil
del carrettier che infrenalo
sordo alla disciplina,
voce a pena ode o stimolo
e al precipizio inchina,
ed ha virtude e i piacer casti a vil.
Che se tra via nol reggono,
o se d’eteree biade
gli aurighi assai nol pascono,
calcitra, incespa e cade,
e tragge il carro e il buon compagno in giú.
Oh qual sovrasta all’anime
certame aspro e fatica,
quando l’un carro aligero
sugli altri urta e s’abbica
dove il dorso del ciel sublime è piú!
Tutte lo sguardo intendono
oltre i confin del cielo;
che pur vorriano spingersi
lá ’ve senz’ombra e velo
fa di sé mostra l’immutabil ver.
Tal region ne’ carmini
di vate alcun non vive,
e in sacra notte avvolgersi
gode Platon, se scrive
con penna tinta nel divin pensier.