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ii - poesie varie 171


     De’ ben cresciuti allori
vieni a l’ombra, o signor; che Febo anch’ello,
domi coll ’arco i gigantei furori,
60al vergine mischiossi ascreo drappello.
Bench’ei del dí carreggi il fervid’astro
e Piroo tema di sua sferza ed Eto,
trattar fu vago il tessalo vincastro
e i flessipedi buoi pascer d’Admeto.

     65Imita il dio. Ve’ come
Arcadia dotta con gentil pensiero
in greci modi t’armonizza il nome,
e in esso adombra il tuo valor guerriero.
Caro, qual tu, vien detto al dio dell’armi
70il minor d’Agamennone germano,
che irato afferra ne’ meonii carmi
l’elmo setoso al rapitor troiano.

     Col nuovo gregge andrai
di Maratona a spaziar sul lito,
75e ne’ silenzi de la notte udrai
squillo di trombe e di destrier nitrito:
ch’ivi pugnano ancor l’ombre sdegnose
de’ persi arcieri e degli astati achei:
un cippo a’ spenti eroi la patria pose,
80l’aligera Vittoria alzò trofei.

     Dal muro, ove fra mille
Milziade fu pinto animatore
e duce alla gran pugna, escian faville
che a Temistocle ognora ardeano il core.
85Ardan te pur, se col fratello invitto
mediti l’alta impresa, onde alfin sia
nelle Gallie sicuro il regal dritto,
e spenta dell’error la frenesia.