che, rette da la tua mistica cetra,
movono in sacra inviolabil danza;
te i muti regni de la notte antica, 25te i vòti spazi del silenzio eterno,
te videro, te udîr, quando a la voce
onnifica, che gía sui misti abissi,
gli elementi risposero. Dal tuo
lume percossa, dileguò l’informe 30confusion, e si perdéo con l’atro
caos nel grembo a l’Erebo infinito.
Quindi il sereno, disiabil, vago,
il ridente, tranquillo ordine apparve,
idolo espresso del divin tuo volto, 35e alla grand’opra ti si feo compagno;
e, chiamati da sé, sursero il retto
moto circolator e il labil tempo,
d’immota eternitá mobile imago.
E l’uno spinse in via l’inerte mole, 40e lanciò il sol ne l’improvviso azzurro,
che, il buio original mettendo in volta,
la fulgida spiegò veste del giorno
e colori de la natura il seno:
l’altro dinanzi al sol ratto si pose, 45giovane auriga del fiammante carro,
che le stagion ricircolanti e i mesi
e i giorni mena irrequieto e l’ore,
e de le succedevoli apparenze,
ch’ornan la terra variate, e il cielo 50in giro infaticabile misura.
L’ordine intanto, appareggiando i corsi
spazi co’ tempi, e a le distanze, e a’ moti
inegualmente accomodando il peso
a’ diversi nel vòto orbi notanti, 55librò quel vicendevole contrasto,
in cui s’appunta l’universo e regge.
Ma fu tua man, che, da le Grazie scòrta,