Su per le scale a’ muri affisse, e tutta
la giá vota cittade empion d’armati. 210Come se gonfio per disciolte nevi
fuor dell’alghe la fronte alza di tauro
torrente alpino, e con mugghio profondo
assorda di lontan selve e pastori;
poi la gravida immensa arenosa urna, 215librandosi sul fianco, in giú ne spande
di spumiferi gorghi indocil piena,
che, furiando spaventosamente,
contro gli audaci dicchi urta e ribolle,
e il piè ne solve, e dell’antico ponte 220il rotto giogo al mar seco alfin trae.
Ma il fior delle milizie, il fior de’ duci,
la cara patria abbandonando, in salvo
erasi tratto, ed opponea del lungo
Vico i ripari, che fra ’l monte e l’acque, 225inespugnabil fanno arte e natura.
Seguon gl’insubri con sicura fronte
della certa vittoria il facil corso,
e le reliquie di sí lunga guerra
a sterminar s’affrettano; ma invano 230cento pel lido audaci schiere e cento
corser per l’onde alla mural corona
dall’isola ribelle armate navi,
che non cessero i vinti, estrema prova
d’un valor disperato. Urto non pave 235di cozzator monton l’alpestre Vico;
né la ferrea de’ gatti unghia ricurva
laceratrice de’ merlati muri,
né le fulminee torri, opra del crudo
ligure ingegno, avvicinar si ponno 240alla ròcca fortissima, che stende
nell’acque il piè profondo e fassi al fianco
delle rupi native ardua parete.
Dunque del Lario sull’estremo lido,